Come Cucinare la Selvaggina

Con il termine selvaggina viene indicata una categoria di carni, che un tempo era ricavata da animali selvaggi, cacciati, commercializzati e consumati durante determinati periodi, regolamentati dalla legge.
Oggi molte di queste specie sono allevate in cattività e si trovano sul mercato tutto l’anno, per cui si tende a distinguere tra la cacciagione vera e propria e la selvaggina, che appunto include anche quelle cresciute in allevamento.
Nonostante la maggiore disponibilità, questa categoria di carni non è molto consumata in Italia.
Tuttavia ho ritenuto comunque opportuno dedicarle uno spazio, in modo da avere una conoscenza completa dei vari alimenti, che sono commercializzati nel nostro Paese e dell’utilizzo più appropriato che possiamo farne in cucina.

Iniziamo dicendo che le varie specie di selvaggina vengono classificate in due macrocategorie, ovvero la selvaggina da pelo e quella da penna, o da piuma.
Inoltre il primo gruppo è ulteriormente suddiviso in selvaggina di gran taglia (capriolo, cinghiale, cervo, daino, ecc.) e in selvaggina di piccola taglia (lepre, coniglio selvatico ecc.); mentre il secondo viene distinto in selvaggina nobile stanziale (pernice e fagiano), migratoria (beccaccia, tordo e allodola) e di valle (alzavola, germano reale, oca selvatica e folaga).
Tutte la carni di selvaggina sono definite scure per via dell’elevata presenza di mioglobina, inoltre sono ricche di proteine e povere di grassi.
Tuttavia, come è facile intuire, hanno delle peculiarità che le differenziano le une delle altre.
Quindi, per una maggiore chiarezza dell’esposizione, di seguito tratteremo separatamente le due categorie elencate, soffermandoci in entrambi i casi sulle singole specie.

La selvaggina da pelo

Dopo l’abbattimento la selvaggina da pelo viene scuoiata ed eviscerata.
Quindi le carcasse di quella di gran taglia sono divise lungo la colonna vertebrale in due metà, dette “mezzene“, e queste a loro volta sono incise all’altezza delle costole in due quarti: anteriore e posteriore.
Terminate tali operazioni, tutte le carni macellate sono sottoposte a un periodo di maturazione, meglio noto come “frollatura“, durante il quale si inteneriscono per effetto di alcune reazioni enzimatiche.
Questa fase può durare dai 5 ai 10 giorni e varia a seconda della specie e dell’età dell‘animale; infatti i tessuti dei capi più giovani generalmente sono più tenere e necessitano di minor tempo.
A questo proposito mi preme precisare che generalmente le carni della selvaggina da pelo sono sempre piuttosto coriacee.
Per cui la frollatura da sola non basta a intenerirle, ma prima di cucinarle è indispensabile anche marinarle.
In ogni caso, trascorso il periodo di maturazione, le carcasse dei capi di taglia minuta e i quarti di quelli di gran taglia vengono avviate ai mercati.
Le prime possono essere vendute intere o in parti, mentre i secondi, prima di essere posti in commercio, vengono ulteriormente suddivisi in sezioni anatomiche, chiamate tagli.
Questi ultimi, pur provenendo dallo stesso animale, non hanno le stesse caratteristiche.
Anzi, oltre che per la loro conformazione, si differenziano anche in base alla percentuale di tessuto muscolare, connettivo e adiposo presente e ciò li rende più adatti a un impiego, invece che a un altro.
In particolare i tagli principali, che sono ricavati dal quarto posteriore, sono il cosciotto, la sella e il carré.
Questi possono essere cucinati interi e sono adatti ad essere impiegati per la preparazione di arrosti, altrimenti possono essere tranciati, per ottenerne medaglioni (dalla lombata e dal carré disossati), costolette (dal carré, lasciando attaccato l’osso) e nocette (dalla coscia e dalla lombata), i quali sono adatti ad essere cotti in padella o alla griglia.
Invece i tagli principali, che vengono ricavati dal quarto anteriore, sono la spalla e il petto.
Rispetto ai precedenti questi sono più ricchi di tessuto connettivo e di tessuto adiposo, quindi sono adatti a cotture in umido, che richiedono tempi piuttosto prolungati, come salmì, spezzatini e ragù.
Detto ciò, vediamo di conoscere in maniera più dettagliata le specie che rientrano nella categoria della selvaggina da pelo e il modo più adeguato per cucinarne le carni.
– Il camoscio ha una carne piuttosto tigliosa, per cui è adatto ad essere cucinato in salmì o a spezzatino, dopo una lunga marinatura. Inoltre è interessante ricordare che in Valle d’Aosta con la coscia del camoscio si prepara la mocetta, un prosciutto tipico che viene stagionato per 3-4 mesi.
– Il capriolo, che si trova in commercio, è soprattutto d’allevamento. La sua carne è magra, ha un profumo gradevole ed è adatta ad essere cotta arrosto, lasciandola leggermente rosa, in modo che risulti più morbida; altrimenti può essere cotta in umido, dopo essere stata marinata.
– Il cervo ha una carne resistente, per cui è preferibile prepararla stufata, dopo averla marinata; invece quella ricavata dagli animali più giovani può essere impiegata anche per realizzare degli arrosti. Infine è interessante ricordare che con la coscia del cervo viene prodotto un ottimo prosciutto.
– Il cinghiale, che si trova in commercio, è soprattutto d’allevamento e viene macellato entro i 3 anni di vita, quando ha raggiunto un peso di circa 100-150 kg. La sua carne è piuttosto tenace, per cui è adatta ad essere cotta in umido, dopo un’adeguata marinatura, oppure ad essere impiegata nella preparazione di ragù. Inoltre è interessante ricordare che con la carne di cinghiale vengono realizzati vari prodotti di salumeria, come prosciutti e salsicce.
– Il cinghialetto è l’esemplare giovane del cinghiale e viene macellato entro i 6 mesi di vita, quando ha raggiunto un peso di circa 25 kg. Le sue carni sono tenere e spesso non richiedono marinatura.
– Il coniglio selvatico di ottima qualità deve avere un peso di 1-1,2 kg, raggiunto entro 4-6 mesi di vita.
In ogni caso generalmente le sue carni sono impiegate per preparare pasticci e terrine, oppure per realizzare delle pietanze simili a quelle a base di lepre.
– La lepre, che si trova in commercio, è soprattutto d’allevamento e viene macellata entro gli 8 mesi di vita, quando ha raggiunto un peso di circa 2 kg.
Inoltre le carcasse di questa specie, pur essendo vendute già spellate, sono lasciate con le zampe ancora attaccate, per poterle distinguere da quelle di coniglio.
Nonostante sia di taglia minuta, anche le parti anatomiche della lepre hanno caratteristiche differenti. Infatti la sella e i cosci sono più pregiati e possono essere cotti anche arrosto, mentre la parte anteriore è adatta solo ad essere cucinata in umido, o ad essere impiegata nella preparazione di ragù.

La selvaggina da penna

Dopo l’abbattimento la selvaggina da penna, ad eccezione del fagiano e della pernice, viene spiumata e sfilata, cioè eviscerata parzialmente.
Quindi è posta a frollare per 2-3 giorni e anche in questo caso le carni dei capi più giovani necessitano di minor tempo.
Comunque sia, trascorsa tale fase, le carcasse vengono avviate ai mercati, dove generalmente sono vendute intere.
Fatta questa premessa, vediamo di conoscere in maniera più dettagliata le specie che rientrano nella categoria della selvaggina da penna e il modo più adeguato per cucinarne le carni.
– L’allodola, ricercata per il suo gusto delicato e saporito, non necessita di frollatura. La sua carne è adatta sia ad essere cotta in padella a fuoco vivace, mantenendola al sangue, che ad essere impiegata per realizzare degli spiedini.
Inoltre è interessante ricordare che l’allodola è adoperata anche per preparare alcune specialità regionali, dove viene servita con il risotto, o per cucinare la ben nota “polenta e osei“.
– Anatra selvatica è una terminologia, che viene usata per indicare varie specie di volatili, tra cui ricordiamo il germano reale, l’alzavola, il codone e il fischione.
In generale le loro carni sono più sode e più gustose, rispetto a quelle ricavate dalle anatre domestiche.
In ogni caso quelle degli esemplari più giovani sono adatte ad essere cucinate arrosto, lasciandole al sangue e accompagnandole con delle salse a base di frutti di bosco, al fine di ingentilirne il gusto amarognolo; invece le carni ricavate dagli esemplari più maturi sono più idonee ad essere brasate.
– La beccaccia e i beccaccini non sono allevabili e per questo motivo le loro carni sono molto pregiate. In generale questi volatili non vengono privati delle interiora, infatti tali parti sono piuttosto ricercate, per cucinare alcune specialità e per preparare dei crostini. Mentre le loro carni sono adatte ad essere cotte arrosto, bardate con della pancetta, oppure ad essere servite in gelatina, come piatto freddo.
– Il fagiano, prima della cottura, richiede una frollatura di 3-4 giorni. Le sue carni sono adatte ad essere cucinate in casseruola, in salmì, o arrosto. Tuttavia in quest’ultimo caso vanno bardate e cotte al sangue altrimenti, essendo piuttosto asciutte, risultano tigliose.
– La pernice di ottima qualità deve avere un peso di 400-500 g, raggiunto entro 4-6 mesi di vita.
In ogni caso le carni di questo volatile sono pregiate e nutrienti.
Tuttavia, essendo anche piuttosto asciutte, sono particolarmente adatte ad essere cucinate in casseruola e in salmì, oppure ad essere cotte arrosto, dopo un’adeguata bardatura.
– La quaglia, che si trova in commercio, è soprattutto d’allevamento. Le sue carni non richiedono frollatura e sono adatte ad essere cotte arrosto, sulla griglia, o brasate.
Inoltre sono idonee anche ad essere impiegate per la preparazione di spiedini, o ad essere disossate, farcite e cotte in umido, accompagnandole con un risotto.
– La starna, o pernice grigia, ha carni bianche, molto gustose, che sono adatte ad essere cotte sia arrosto, che in casseruola.
– Il tordo, ricercato per il gusto delicato e per l’aroma intenso, ha una carne adatta ad essere cotta arrosto, in casseruola, oppure ad essere servita in gelatina, come piatto freddo.
– Gli uccellini sono di varie specie e tra le principali ricordiamo i passeri, gli ortolani e i beccafichi.
Questi volatili hanno una carne che non necessita di frollatura e generalmente vengono cotti interi, con la testa, infilzandoli con degli spiedini e servendoli con della polenta.

Paolo è un appassionato di apprendimento continuo e apprezza aiutare gli altri a imparare le competenze che hanno bisogno per affrontare i loro progetti domestici. Grazie alla sua esperienza e alla sua conoscenza, Paolo è diventato un punto di riferimento per molti appassionati di fai da te e di cucina, che cercano sempre i suoi consigli e le sue guide per realizzare i loro progetti.